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Distacco transnazionale di lavoratori in Italia: indicazioni normative, operative e attività di sorveglianza

Distacco transnazionale di lavoratori in Italia: indicazioni normative, operative e attività di sorveglianza

Come noto, il D.Lgs. n. 136/2016 in materia di distacco transnazionale di lavoratori, in attuazione della Direttiva 2014/67/UE, ha introdotto nel nostro ordinamento specifiche misure volte a prevenire e contrastare le fattispecie di distacco non autentico, poste in essere da imprese stabilite in un altro Stato membro della UE o in un Paese extraUE.
 
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con le circolari n. 3 del 22 dicembre 2016 e n. 1 del 9 gennaio 2017, ha successivamente fornito indicazioni operative al proprio personale ispettivo al fine di assicurare una corretta ed uniforme applicazione del regime sanzionatorio previsto nei casi di distacco non autentico, o genuino.
 
Lo stesso Ispettorato, ha ora predisposto un vademecum ad uso degli ispettori con il quale ha fornito agli stessi alcune linee guida in merito alla metodologia degli accertamenti che gli stessi dovranno porre in essere presso le aziende italiane dove sono presenti lavoratori distaccati da società aventi sede in paesi UE o extra-UE, per verificare la genuinità. 
 
Per tutto quanto sopra indicato, riteniamo pertanto opportuno riepilogare l’attuale quadro normativo in materia di distacco transanzionale di lavoratori in Italia, nonché illustrarVi il contenuto delle citate linee guida ed il vigente apparato sanzionatorio. 
 
ASPETTI NORMATIVI
a. REQUISITO OGGETTIVO: LA PRESTAZIONE DI SERVIZI
La citata Direttiva UE in materia di distacco transnazionale presuppone che alla base del distacco vi sia l’espletamento di una prestazione di servizi sul territorio italiano, da parte di un operatore economico stabilito in un altro Stato membro.
 
A tal riguardo si rammenta che tra i “servizi” rientrano le attività di carattere industriale, commerciale, artigianale e le libere professioni, ovvero tutti i settori economico-produttivi in cui il personale ispettivo può riscontrare fattispecie di distacco transnazionale (industria, terziario, edilizia, agricoltura, ect.).
Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del D.lgs. n. 136/2016, la prestazione di servizi deve quindi comportare l’espletamento di attività lavorative di carattere temporaneo in favore di un destinatario situato su territorio italiano, che può individuarsi in una impresa distaccataria appartenente al medesimo gruppo, in una unità produttiva, filiale, sede operativa della azienda straniera distaccante ovvero in un diverso soggetto committente, come precisato dall’INL con la nota n. 4833 del 5 giugno 2017.
 
b. REQUISITO OGGETTIVO: IL LAVORATORE IN DISTACCO
Il lavoratore in distacco transnazionale è un lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile in base ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in un altro paese UE -nel caso in questione nel nostro paese-, secondo quanto previsto dall’art. 2 lett. d) del D.Lgs.n. 136/2016.
 
Non sono da considerarsi in distacco i lavoratori che sono inviati in Italia per la partecipazione a conferenze, riunioni, convegni, fiere, manifestazioni, etc., senza fornire un servizio a nessuna persona o impresa, come precisato dall’INL con la sopra richiamata nota del 5 giugno 2017.
Si precisa che i lavoratori autonomi, pur provvisti di Modello A1, non rientrano nella nozione di lavoratori distaccati, nel loro caso, infatti, il modello A1 viene fornito ai soli fini previdenziali.
 
L’OGGETTO DELLE VERIFICHE ISPETTIVE PRESSO LE SOCIETÀ ITALIANE
La verifica ispettiva in materia di distacco transnazionale di lavoratori ha per oggetto i seguenti aspetti:
 
1. la regolarità amministrativa e documentale del distacco, ovvero
a. l’adempimento degli obblighi amministrativi, quali la comunicazione preventiva di distacco – mediante consultazione dell’area riservata del Portale INL, sezione “Cruscotti”, sottosezione “Distacco Transnazionale UE” dove è disponibile la piattaforma Comunicazioni preventive di distacco transnazionale;
b. il contratto di lavoro, stipulato tra lavoratore e azienda straniera distaccate, da cui si evince – tra l’altro – che il rapporto di lavoro perdura per tutto il periodo di distacco (cfr. art. 1, comma 1, d.lgs. n. 136/2016)
c. il Modello A1;
d. la comunicazione/registrazione di instaurazione del rapporto di lavoro nel Paese di origine;
e. i prospetti paga, i prospetti che indicano l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero e la documentazione comprovante l’avvenuto pagamento delle retribuzioni;
I suindicati documenti dovranno essere esibiti dal prestatore di servizi estero o dal referente o da altra persona incaricata che sia stata nominata ai sensi dell’art. 10, D. Lgs. n. 136/2016.
 
2. il rispetto delle condizioni di lavoro e di occupazione 
previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva, ai sensi degli artt. 2 e 4, D. Lgs. n. 136/2016;
 
3. l’autenticità del distacco 
in base agli indici stabiliti dall’art. 3 del D.Lgs. n. 136/2016 sia in relazione all’impresa distaccante sia in relazione ai lavoratori distaccati, ovvero:
 
a. il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;
b. la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente, ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
c. a temporaneità dell’attività lavorativa svolta in Italia;
d. la data di inizio del distacco;
e. la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
f. la circostanza che il datore di lavoro che distacca il lavoratore provveda alle spese di viaggio, vitto o alloggio e le modalità di pagamento o rimborso;
g. eventuali periodi precedenti in cui la medesima attività è stata svolta dallo stesso o da un altro lavoratore distaccato;
h. l’esistenza del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
i. ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.
 
Va segnalato che, secondo l’INL, l’esibizione dei documenti di cui al punto sub 1) da parte dell’impresa distaccante italiana risulta funzionale alla valutazione di tutti gli aspetti di regolarità del distacco. 
Pertanto, qualora gli stessi -anche in parte- non siano resi disponibili, il personale ispettivo, potrà applicare le sanzioni amministrative per mancata esibizione dei documenti, nonché attivare la procedura di cooperazione amministrativa con lo Stato membro interessato, inoltrando una specifica richiesta alla competente Autorità estera.
 
La summenzionata procedura di cooperazione potrà essere attivata anche qualora, secondo gli ispettori, risulti necessario approfondire altri aspetti utili alla verifica dell’autenticità del distacco (ad es. per verificare l’effettiva operatività dell’impresa distaccante nello Stato membro di provenienza o per chiedere riscontro circa la veridicità della documentazione, quale il modello A1, etc), anche richiedendo l’effettuazione di una verifica ispettiva presso lo stato estero.
 
LA FIGURA DEL REFERENTE DEL DISTACCO
Riteniamo altresì opportuno segnalarVi che secondo quanto previsto dall’art. 10, comma 3, lettera b) del citato D.Lgs. n. 136/2016: “Durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, l’impresa distaccante ha l’obbligo di (…) designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In difetto, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi.
 
L’INL precisa che il referente è incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti in nome e per conto dell’impresa distaccante, ovvero le richieste di informazioni e di documentazione, la notifica dei verbali di primo accesso ispettivo e di contestazione delle violazioni riscontrate. Può essere altresì interessato della notifica di atti formalmente notificati all’azienda stessa da parte del personale di vigilanza.
 
Tale ruolo può essere assolto da qualsiasi persona fisica, elettivamente domiciliata in Italia, che sia indifferentemente:
  •  un lavoratore dipendente dell’impresa distaccante;
  • una persona esterna all’azienda stessa o una persona di fiducia del distaccante;
  • il soggetto distaccatario (in questo caso l’incarico si intende attribuito al rappresentante legale);
  • un consulente del lavoro o altro professionista. 
Per l’individuazione del referente non è necessario che la nomina risulti da un documento autenticato da notaio, ma è sufficiente inserire i dati richiesti nella specifica sezione del Modello di comunicazione preventiva da inviare utilizzando la procedura informatica. 
 
Per quanto concerne gli ulteriori adempimenti amministrativi di cui all’art. 10 del D.Lgs. 136/2016, ovvero la conservazione in lingua italiana della documentaizone amministrativa, l’INL ha precisato che detta documentazione tradotta deve essere disponibile al momento dell’accertamento ispettivo.
 
Non è richiesto all’azienda distaccante di provvedere alla traduzione giurata della documentazione: tuttavia, laddove sia prodotta una traduzione non comprensibile, l’ispettore effettuerà formale richiesta di altra traduzione. In caso di mancata ottemperanza troveranno applicazione le sanzioni di cui all’art. 12 del D.Lgs. 136/2016, richiamate nella Circolare INL n. 1/2017, in merito alla cui quantificazione si rimanda al succesivo paragrafo titolato “sanzioni”.
 
Con particolare riferimento alla traduzione delle voci retributive contenute nei cedolini paga, ove tali voci siano seriali/ripetitive per il singolo lavoratore ovvero per più lavoratori, l’INL precisa che è sufficiente produrre uno schema riepilogativo delle voci retributive utilizzate. Il fine ispettivo, infatti, è quello di individuare le voci che vanno a implementare la retribuzione, rispetto a quelle che sono meri rimborsi o comunque voci di carattere non retributivo. 
 
LE CONDIZIONI DI LAVORO E DI OCCUPAZIONE, GLI ASPETTI RETRIBUTIVI
La definizione di condizioni di lavoro e di occupazione è contenuta all’art. 2, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 136/2006 e si riferisce alle seguenti materie:
  • periodi massimi di lavoro e minimi di riposo;
  • durata minima delle ferie annuali retribuite;
  • tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario;
  • salute, sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro;
  • non discriminazione tra uomo e donna;
  • condizioni di cessione temporanea di lavoratori da parte delle agenzie di somministrazione.
Per quanto riguarda la verifica delle summenzionate condizioni, occorre tener presente che la materia della retribuzione costituisce uno dei profili più delicati, attualmente oggetto di approfondimenti e di proposte normative a livello europeo, in considerazione dei differenti livelli retributivi previsti dagli ordinamenti degli Stati membri e delle relative fonti.
 
Va precisato che la finalità perseguita dal citato Decreto è quella di garantire una sostanziale equiparazione delle somme erogate a titolo di retribuzione ai lavoratori distaccati rispetto a quelle corrisposte ai lavoratori abitualmente impiegati in Italia, sulla base di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva applicabile ai sensi del citato art. 2 del D.Lgs. n. 136 che, a sua volta, richiama l’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015.
 
Ciò significa che non è necessaria una perfetta corrispondenza delle varie voci retributive, atteso che la sostanziale equiparazione di trattamento salariale può essere realizzata considerando anche gli importi corrisposti a titolo di indennità (quali ad es. l’indennità di distacco) che, unitamente alle voci retributive, assicurano il rispetto dei principi costituzionali di sufficienza e proporzionalità della retribuzione. 
Non rileva, a tal fine, la circostanza che dette voci siano o meno assoggettate a contribuzione, in base alla legislazione del Paese di provenienza.
 
Pertanto, per effettuare il raffronto tra la retribuzione corrisposta al lavoratore distaccato e la retribuzione dovuta ai sensi della contrattazione collettiva applicata in Italia, occorre prendere in considerazione l’importo lordo delle somme erogate anziché i singoli elementi costitutivi, i quali, tuttavia, dovrebbero comunque essere individuati in modo sufficientemente dettagliato, al fine di consentire agli organi di vigilanza la comparazione degli importi complessivi.
Diversamente, non devono essere computate le voci relative ai rimborsi delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco. In proposito, è possibile rinviare al contenuto del Considerando n. 18 della Direttiva 2018/957 che, nel dare rilevanza alle indennità specifiche riconosciute per il distacco quali parti della retribuzione, esclude espressamente le spese di viaggio, vitto e alloggio (nello stesso senso cfr. Circolare INL n. 1/2017, interpello Ministero del Lavoro n. 33/2010).
 
Riteniamo opportuno evidenziare inoltre che la disposizione relativa alla tracciabilità delle retribuzioni di cui all’art. 1, comma 910, L. n. 205/2017 -secondo il quale a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti devono corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla medesima norma- non trova applicazione nell’ipotesi di lavoratori in distacco transnazionale, stante la previsione di un obbligo analogo e di specifica sanzione, rispettivamente, agli artt. 10 e 12 del Decreto n. 136/2016.
 
DISTACCO NON AUTENTICO E SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA
L’art. 3 del Decreto n. 136/2016, titolato appunto “Autenticità del distacco”, individua una serie di elementi ai fini della valutazione sull’autenticità del distacco e disciplina il regime sanzionatorio applicabile.
 
In particolare, gli ispettori sono chiamati a verificare:
a. in relazione all’impresa distaccante:
– se l’impresa eserciti effettivamente attività diverse rispetto a quelle di mera gestione o amministrazione del personale;
b. in relazione al lavoratore distaccato:
– se il lavoratore sia distaccato effettivamente nel rispetto degli elementi di cui al precedente punto sub 3.
 
Per le suindicate finalità, gli ispettori potranno richiedere al referente del distacco la seguente documentazione:
  • certificato della camera di commercio del Paese di provenienza;
  • documentazione relativa alle sedi di lavoro e all’attività svolta nel Paese di provenienza;
  • dichiarazioni fiscali e fatturato complessivo realizzato nel Paese di provenienza;
  • forza lavoro impiegata nel Paese di provenienza;
  • documentazione relativa al luogo in cui i lavoratori sono assunti e a quello da cui sono distaccati;
  • modello A1.
Gli ispettori dovranno altresì accertare, tramite l’acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori o di altra documentazione se il lavoratore distaccato in Italia:
  • ha lavorato solo ed esclusivamente in Italia;
  • ha residenza in Italia, documenti italiani e la sua famiglia si trova in Italia;
  • nel Paese straniero non espletava alcuna attività lavorativa né prima né dopo il suo impiego in Italia;
  • la coincidenza – o quasi – tra la data di assunzione e la data di distacco.
Al riguardo si rammenta che l’INL, con la circolare n. 1/2017 aveva individuato, a titolo esemplificativo, alcuni casi di distacco non autentico che si ritiene utile riportare:
A. l’impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;
B. l’impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all’attività di somministrazione;
C. il lavoratore distaccato al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera distaccante già risiedeva e lavorava abitualmente in Italia;
D. il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall’impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l’impresa distaccataria.
 
IL REGIME SANZIONATORIO
L’art. 12 del Decreto 136/2016 prevede le seguenti sanzioni.
Violazione
Importo sanzione
Soggetto sanzionato
Mancata comunicazione preventiva di distacco
da euro 150 a euro 500
per lavoratore
impresa distaccante estera
Mancanza della documentazione di cui al punto sub 1
da euro 500 a euro 3.000
per lavoratore
impresa distaccante estera
Mancata designazione del referente del distacco
da euro 2.000 a euro 6.000
impresa distaccante estera
Distacco non autentico
euro 50*
per lavoratore per giorno
impresa distaccante estera
impresa distaccataria italiana
*In questo caso l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore ad euro 5.000 né superiore ad euro 50.000 Inoltre, il lavoratore è considerato alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, ai sensi dell’art. 3, comma 4, D.Lgs.n. 136/2016, fatti salvi gli effetti sotto il profilo contributivo connessi al disconoscimento del Mod. A1.
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Lavoratori extracomunitari: i permessi di soggiorno che consentono di instaurare un rapporto di lavoro in Italia

Lavoratori extracomunitari: i permessi di soggiorno che consentono di instaurare un rapporto di lavoro in Italia

A seguito di numerosi quesiti che ci sono pervenuti in materia, cogliamo l’occasione per riepilogare di seguito quali sono i permessi di soggiorno previsti dal D.Lgs. n. 286/1998 che consentono ai cittadini extracomunitari di instaurare un regolare rapporto di lavoro in Italia.
 
Permessi di soggiorno che consentono l’attività lavorativa:
 
–  per lavoro subordinato (anche stagionale) e lavoro autonomo: il permesso di soggiorno per motivi di lavoro (art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. 286/1998) è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all’art. 5-bis del citato Decreto. La sua durata è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale: 9 mesi;
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato: 1 anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato: 2 anni.
 
–  per attesa occupazione: l’art. 22, comma 11, del T.U. sull’immigrazione dispone che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno legittimamente rilasciato. Tuttavia, in mancanza di una nuova occupazione, alla scadenza non potrà essere rinnovato (se non per altro valido titolo) ed il soggetto dovrà lasciare l’Italia;
 
–  per motivi di studio e formazione o per tirocini formativi: consente lo svolgimento di lavoro subordinato, nel limite massimo di 20 ore settimanali -anche cumulabili settimanalmente- fino ad un massimo di 1040 ore lavorate annuali;
 
–  per motivi familiari: il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, cosi come quello per assistenza ai minori e affidamento, permettono lo svolgimento di attività lavorativa come previsto dall’art. 2 del D.Lgs. n.5/2007;
 
–  “CE per soggiornanti di lungo periodo” (ex carta di soggiorno): il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo permette lo svolgimento di attività lavorativa subordinata o autonoma;
 
–  per richiedenti asilo politico: secondo quanto previsto dall’art. 22, D.Lgs. 142/2015, gli extracomunitari richiedenti asilo politico possono svolgere legittimamente attività lavorativa purché siano trascorsi almeno 60 giorni dalla presentazione della domanda e sempre che il procedimento di esame della domanda non sia ancora concluso. La ricevuta della domanda di asilo costituisce un permesso di soggiorno provvisorio. In tal senso si è espresso il Ministero del Lavoro con la nota n. 14751 del 26 luglio 2016, con la quale ha precisato che il termine dei 60 giorni “decorre dalla data di rilascio della ricevuta di verbalizzazione della domanda di protezione internazionale che equivale a permesso di soggiorno provvisorio”.
 
–  per motivi di protezione sussidiaria: secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 251/2007 recante norme sull’attribuzione della qualifica di “rifugiato” o di persona altrimenti “bisognosa di protezione sussidiaria internazionale”, tali soggetti possono legittimamente svolgere attività lavorativa in Italia;
 
–  per titolari di “Carta Blu UE”: possono richiedere il permesso di soggiorno con dicitura “Carta Blu Ue”  i lavoratori extracomunitari altamente qualificati che intendono svolgere prestazioni lavorative retribuite per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica, e che possono quindi fare ingresso o soggiornare in Italia al di fuori delle quote stabilite annualmente dal Decreto flussi. Trattasi di un titolo di soggiorno specificatamente previsto per i lavoratori altamente qualificati e le cui qualifiche professionali, devono essere certificate da idonei titoli di studio e attestati di qualifica professionale rilasciati dai loro Paesi, ed aventi i requisiti per il loro riconoscimento in Italia. Il permesso di soggiorno “Carta Blu Ue”  è rilasciato con durata biennale nel caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato, o con durata pari a quella del rapporto di lavoro nei casi di rapporto di lavoro a termine;
 
–  per residenza elettiva: il permesso di soggiorno per residenza elettiva è rilasciato agli extracomunitari che intendano stabilirsi nel nostro paese e che dimostrino di possedere risorse sufficienti a mantenersi autonomamente anche senza esercitare alcuna attività lavorativa. Il richiedente deve infatti essere in grado di dimostrare:
–       la disponibilità di un’abitazione da eleggere a residenza;
–       le proprie risorse economiche (pensioni, vitalizi, proprietà immobiliari, attività economico-commerciali o altre fonti diverse dal lavoro subordinato).
 
Permessi di soggiorno che non consentono l’attività lavorativa:
–  per motivi religiosi;
–  per richiesta asilo (nei 60 giorni successivi alla formalizzazione dell’istanza di protezione internazionale);
–  per minore età;
–  per cure mediche;
–  per attività sportiva;
–  per attesa cittadinanza;
–  per giustizia;
–  ed in generale i visti di breve durata per visita, affari, turismo e studio.
 
Impiego di stranieri irregolari: regime sanzionatorio
Il datore di lavoro che impieghi un lavoratore straniero sprovvisto di permesso di soggiorno (o con permesso di soggiorno che non consente lo svolgimento di attività lavorativa subordinata) è responsabile sia del reato penale di cui all’art. 22, comma 12, T.U. sull’immigrazione sia dell’illecito amministrativo di impiego di lavoratore “in nero”, con conseguente applicazione della cd. “maxisanzione”.
 
Infatti, mentre la sanzione penale è finalizzata a disciplinare i flussi migratori di lavoratori extracomunitari ed a contrastare l’ingresso e la permanenza di soggetti presenti clandestinamente sul territorio nazionale, la sanzione amministrativa è finalizzata al contrasto del lavoro irregolare, indipendentemente dallo status del lavoratore.
 
Responsabilità e controlli del datore di lavoro
Se, come abbiamo visto, è quindi assolutamente sconsigliabile avviare al lavoro un cittadino extracomunitario sprovvisto di un permesso di soggiorno (o con un permesso di soggiorno che non consente lo svolgimento di attività lavorativa subordinata), è altrettanto rilevante il problema dei lavoratori extracomunitari regolarmente assunti il cui permesso di soggiorno sia in scadenza o revocato dall’Autorità di Pubblica Sicurezza.
In caso di permesso di soggiorno in scadenza, rammentiamo che per espressa previsione normativa in fase di rinnovo il rapporto prosegue legittimamente proseguire sino a quando non vi sia un atto definitivo dell’Autorità competente che disponga il rigetto dell’istanza di rinnovo.
 
In fase di rinnovo è pertanto consigliabile farsi consegnare copia della ricevuta attestante la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.
 
Nel caso in cui il lavoratore non consegni al datore di lavoro copia dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno ovvero consegni un’istanza dalla quale risulti la presentazione oltre il termine di 60 giorni dalla scadenza, si suggerisce -in via prudenziale, per evitare il rischio di incorrere nella violazione di cui all’art. 22, comma 12, T.U.- di disporre la sospensione degli effetti giuridici ed economici del rapporto di lavoro, sino a produzione da parte del lavoratore della documentazione comprovante l’avvenuto rinnovo.
 
In caso di un eventuale perdurare dell’inerzia da parte del lavoratore, la dottrina ritiene che l’omessa consegna della citata documentazione possa configurare giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
 
Rimaniamo a disposizione per ogni eventuale necessità in merito.

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