Great Resignation è quel termine che sta a rappresentare l’alto numero di dimissioni che si è visto successivamente alla pandemia. Questo fenomeno ha visto un numero crescente di dimissioni di massa prima negli Stati Uniti dove 4,6 milioni di americani ha lasciato volontariamente il lavoro nel 2021. In Italia, il boom di dimissioni è stato del 58% nel secondo trimestre del 2021* : il 37% in più rispetto al trimestre precedente e +87% rispetto al 2020.
La pandemia ha cambiato le carte in tavola, ha influenzato molto il mercato del lavoro, sia per l’offerta che per la domanda. Ha reso i dipendenti, soprattutto i più giovani tra 18 e 25 anni, più consapevoli nell’avere maggiore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, ossia il “work life balance”. I lavoratori non sono più disposti a lavorare in condizioni imposte che non rispecchiano più i loro valori.
Le dimissioni di massa, quindi, non si sono rassegnate per una questione di denaro, di retribuzione, ma per una questione di benessere, si è arrivati a considerare un nuovo approccio di vita: si lavora per vivere e non si vive per lavorare. Negli Stati Uniti questo approccio è chiamato “Yolo Economy: You Only Live Once”: si vive una volta sola.
Il benessere è adesso una delle priorità per i lavoratori. Gli stessi preferiscono una realtà più flessibile e con una buona cultura aziendale, in grado di investire maggiormente sui talenti, premiandoli con maggiore libertà nella gestione degli impegni. Nuovo approccio che prevede una concentrazione sui risultati, sul raggiungimento di obiettivi, indipendentemente dal fatto che venga eseguito in ufficio o a casa in smart. Flessibilità è la nuova parola chiave.
Il tema fondamentale che bisogna sviluppare all’interno delle aziende, in tempi di dimissioni, è valorizzare le diversità, valorizzare le differenze (link blog Diversity management) perché i giovani vogliono trovare in azienda un ambiente piacevole, positivo dove sviluppare delle relazioni sociali non tossiche. Quindi, per non favorire le dimissioni volontarie, è importante che il lavoratore porti con sé le sue passioni e le sue unicità.
I dipendenti non vogliono più essere considerati come delle transazioni, ma come delle persone, vogliono sentirsi apprezzati.
L’aumento delle dimissioni volontarie ha comportato anche dei danni per le aziende, soprattutto in ottica di costi. Le aziende successivamente a una dimissione devono investire in risorse, tempo ed energie per trovare un altro valido sostituto. In attesa di ciò si genera turnover, job rotation che porta ad aumentare i livelli di stress dei collaboratori che si troveranno a fare del lavoro in più per poter rimediare alle mancanze temporanee. Questo può portare anche a influenzare negativamente l’azienda e i suoi dipendenti.
Inoltre, assumere una persona comporta anche spese in ottica di software di ricerca e di selezione, tempo e lavoro dell’area HR, spese legate alla pubblicazione di annunci, tempo e costi per onboarding e formazione dei nuovi membri.
Facciamo un esempio: Secondo uno studio pubblicato su “Organization Science” il costo stimato per un dipendente perso che guadagna 8 euro l’ora si traduce in perdite per l’azienda che vanno da 3.300 a 23.000 euro circa. Perdite enormi per le aziende.
Trattenere i talenti all’interno dell’azienda è importante, per questo è fondamentale saper contrastare il fenomeno della Great Resignation. Ma come fare?
La Great Resignation è un tema importante in questo periodo, per questo è necessario fare attenzione a tutte le cause interne ed esterne che possono portare i dipendenti a delle dimissioni volontarie. Cercare di garantire un adeguato work life balance è un primo passo verso la diminuzione di questo grande fenomeno.
*Fonte: https://lab.repubblica.it/2022/grandi-dimissioni-in-italia-perche-si-lascia-il-posto-fisso/
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