Il tessuto produttivo italiano è caratterizzato da una forte presenza di piccole e medie imprese (PMI) spesso nate come realtà familiari e cresciute attorno alla figura del fondatore che detiene di fatto la leadership. Circa l’85% delle PMI ha carattere familiare.
Secondo l’Osservatorio AUB segnalato da AssoHolding, circa il 23 % delle PMI italiane è oggi guidato da titolari over 70 che si avvicinano al tanto temuto passaggio generazionale.
In questo modello organizzativo la leadership tende a essere fortemente accentrata e si rifà a quello che viene comunemente definito modello paternalistico-carismatico, una modalità di comando diffusa nelle imprese familiari italiane ma osservabile anche all’estero (ad esempio in Giappone e in molte PMI familiari europee): il vertice aziendale concentra in sé potere decisionale, visione strategica e controllo delle relazioni, mentre i livelli operativi hanno raramente un ruolo attivo nei processi decisionali.
Questo assetto, se da un lato garantisce coerenza e rapidità d’azione, dall’altro presenta un punto debole: il cambio generazionale.
Molte PMI italiane si trovano oggi ad affrontare proprio questa sfida: garantire continuità, innovazione e motivazione nel momento in cui la guida dell’azienda cambia.
Le difficoltà nell’affrontare il cambio generazionale in azienda
Un aspetto critico riguarda le difficoltà dei fondatori nel “mollare le redini” dell’azienda. Molti imprenditori faticano a cedere il comando per diversi motivi: il forte legame identitario con l’impresa, la percezione che solo loro possano garantire continuità, e una certa mancanza di fiducia nelle capacità gestionali dei collaboratori.
In Italia la successione avviene ancora prevalentemente in ambito familiare: secondo l’Osservatorio AUB, circa il 65% delle imprese familiari passa ai figli o ai parenti stretti, mentre solo una minoranza si apre a manager esterni o a soluzioni di governance condivisa.
Una nuova visione: la leadership in team
Indubbiamente il passaggio generazionale è un momento critico per ogni azienda, e sia che passi nelle mani dei figli, sia che venga affidata a un management dedicato.
Il cambio di leadership, se ben gestito, può trasformarsi in un’occasione di rinnovamento anche rispetto al management classico “calato dall’alto”.
L’alternativa è la leadership in team: si tratta di un modello in cui la guida non è concentrata in una sola persona scelta dal vecchio capo, ma viene distribuita tra più figure con competenze complementari. Questo la rende preferibile rispetto al tradizionale management nominato dall’alto: non si limita a riprodurre le logiche del fondatore, ma apre la strada a decisioni più partecipate e innovative. La leadership condivisa valorizza la collaborazione tra i vari livelli, distribuisce responsabilità e incoraggia la partecipazione.
Secondo l’Osservatorio AUB (2024), in Italia circa il 33,9% delle imprese familiari sta sperimentando forme di leadership più distribuite o collegiali, soprattutto nelle fasi di passaggio generazionale.
Per realtà abituate a decisioni “calate dall’alto”, questo passaggio può rappresentare una svolta culturale capace di dare nuova linfa all’intero clima aziendale.
Analizzare il clima aziendale e comunicare in modo trasparente
Il clima aziendale è la percezione condivisa dai dipendenti rispetto all’ambiente di lavoro: riguarda le relazioni con colleghi e superiori, il senso di fiducia, la chiarezza sugli obiettivi e le opportunità di crescita. Misura come le persone vivono quotidianamente la propria esperienza in azienda.
È possibile valutarlo attraverso strumenti come:
- Survey interne sul livello di soddisfazione, motivazione e benessere;
- Focus group e interviste che raccolgono opinioni qualitative;
- Indicatori indiretti come turnover, assenteismo o produttività.
Quando la leadership cambia, diventa fondamentale accompagnare la transizione con una comunicazione trasparente e inclusiva, che chiarisca la visione del nuovo corso, condivida obiettivi e strategie, apra spazi di feedback e dialogo e valorizzi i contributi dei collaboratori come parte integrante del processo di crescita. In questo senso, la transizione non è solo un passaggio formale, ma un’occasione per costruire fiducia e motivazione.
Un nuovo assetto di leadership
Un avvicendamento alla leadership in team, se ben gestito, può generare una serie di benefici:
- Rinnovamento della visione: nuove idee e prospettive possono stimolare innovazione e apertura a mercati diversi.
- Maggiore coesione: il coinvolgimento dei collaboratori rafforza il senso di appartenenza.
- Clima aziendale più dinamico: il cambiamento rompe inerzie e routine, stimolando energia e motivazione.
- Crescita delle competenze interne: una leadership più distribuita responsabilizza e fa emergere nuovi talenti.
Il punto chiave è mantenere viva e costante l’interazione tra dirigenza e collaboratori.
Nella leadership in team l’organizzazione non è completamente orizzontale, perché restano livelli di responsabilità diversi, ma la piramide perde rigidità: la cuspide si allarga e le decisioni strategiche vengono prese da più figure, creando un modello ibrido tra gerarchia e partecipazione.
Nella tua azienda state affrontando il passaggio generazionale? Come vi state preparando?