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Esonero contributivo per aziende in possesso della certificazione della Parità di genere

esonero contributivo parità di genere

Esonero contributivo per aziende in possesso della certificazione della Parità di genere

Agevolazioni per aziende con certificazione della parità di genere

Nuove agevolazioni per tutti i datori di lavoro che hanno conseguito la certificazione della parità di genere

Il Ministero del Lavoro, infatti, ha emanato un nuovo Decreto, del 20 ottobre 2022, prevedendo uno stanziamento di 50 milioni di euro, dall’anno 2022,  per il riconoscimento di un esonero del versamento dei contributi previdenziali.

Requisiti necessari

Per richiedere l’esonero contributivo oltre che al possesso della certificazione di parità è necessario rispettare le condizioni dell’art. 1 c.1176, il quale richiede il possesso del DURC, il rispetto degli obblighi di legge e degli accordi previsti dai vari CCNL stipulati con le organizzazioni sindacali e, per ultimo, l’assenza di  provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’INL. 

Vuoi scoprire come presentare la richiesta dell’esonero? Scarica la circolare per leggere tutto nel dettaglio. 

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“Decreto Trasparenza” – precisazioni del Ministero del Lavoro

precisazioni del ministero del lavoro

“Decreto Trasparenza” – precisazioni del Ministero del Lavoro

Successivamente alla nostra circolare pubblicata il 4 agosto, vengono qui elencate brevemente tutte le precisazioni e i chiarimenti riguardanti la circolare in merito al “Decreto Trasparenza” (Decreto Legislativo n. 104/2022), la quale, com’è stato detto, garantisce maggiore trasparenza e prevedibilità per tutte le parti coinvolte nel rapporto di lavoro.

Le nuove disposizioni, infatti, aggiungono nuovi obblighi informativi connessi al rapporto di lavoro, così come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e collaborazione etero-organizzata.

In questa circolare vengono chiariti i modi in cui i datori di lavoro devono assolvere gli obblighi formativi e con particolare riguardo allo svolgimento e le caratteristiche delle prestazioni lavorative.

 

Scarica la circolare e leggi nel dettaglio tutti gli aggiornamenti in merito. 

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“Decreto Trasparenza” – cosa cambia nei contratti di lavoro

cosa cambia nei contratti di lavoro

“Decreto Trasparenza” – cosa cambia nei contratti di lavoro

Con l’obiettivo di garantire ai lavoratori nuove tutele e diritti nell’ambito del contratto di lavoro e maggiore trasparenza e prevedibilità, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 176/2022 il “Decreto Trasparenza”, il quale prevede nuovi obblighi di informazione da parte del datore di lavoro e nuovi diritti per il lavoratore.

Questi obblighi entreranno in vigore dal 13 agosto 2022  in cui, con le nuove assunzioni a partire da questa data, il datore di lavoro è tenuto a fornire tutte le informazioni relative alla prestazione. Se, invece, ci sono già rapporti attivi il datore di lavoro dovrà adempiere l’obbligo di trasparenza entro 60 gg dalla richiesta del lavoratore.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire tutte le informazioni relative al contratto di lavoro in modo chiaro e trasparente nel momento dell’assunzione, consegnando il contratto di lavoro individuale prima dell’inizio dell’attività.

In caso di violazioni saranno previste delle sanzioni a partire da 250 euro fino ad arrivare a 1500 euro per ogni lavoratore interessato.

Scarica la circolare per leggere nel dettaglio tutte le novità in merito.

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Maternità e lavoro: il congedo di maternità e il congedo di paternità in breve

congedo parentale e maternità

Maternità e lavoro: il congedo di maternità e il congedo di paternità in breve

Maternità e lavoro sembrano due temi inconciliabili, ma proprio per questo la legge tutela i neogenitori con importanti normative che è bene tener presente quando si sta per avere un bambino.  Ma come si articolano il congedo di maternità e il congedo di paternità e le normative relative?

La prima direttiva da tenere presente è l’Art. 37 della Costituzione: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione”.

Altro testo importante che ha presentato modifiche per quanto riguarda il congedo parentale è il “Testo unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità” emanato dal d.lgs. n.151/2001 e nel d.lgs. n.80/2015, in attuazione del Jobs Act.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste il congedo di maternità e il congedo di paternità.

Cosa s’intende per congedo di maternità e congedo di paternità?

Per conciliare maternità e lavoro è previsto un congedo di maternità obbligatorio che equivale a un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.

Ma quanto dura la maternità obbligatoria? Ha una durata totale di 5 mesi e può essere gestita in diverso modo, ad esempio 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo, oppure 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo, oppure ancora 5 mesi successivi al parto.

Durante questo periodo la neomamma percepisce una sostituzione alla retribuzione, ossia un’indennità di maternità pari all’80%.

Per congedo di paternità, invece, s’intende quell’indennità che spetta al padre nel momento in cui alcune situazioni impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità e il diritto di astensione dal lavoro e indennità spetta al padre.

Come funziona il congedo parentale?

Il congedo parentale sta a rappresentare, oltre al periodo di maternità obbligatoria, quel periodo in cui i genitori possono assentarsi dal luogo di lavoro, in modo facoltativo, per un ulteriore periodo retribuito parzialmente, periodo di massimo 10 mesi nei primi 12 mesi di vita del bambino/a. Questo periodo può essere anche fruibile a fasce orarie.

In alternativa, c’è anche la possibilità di rinunciare al congedo parentale trasformando il contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Ma tale diritto è fruibile solo una volta sempre che l’orario di lavoro non ecceda del 50 % rispetto all’orario a tempo pieno.

Come funziona la maternità per il datore di lavoro?

Il datore di lavoro, quando si parla di maternità, ha l’obbligo di rispettare tutti i diritti per la neomamma e neogenitori, previsti dalla normativa dedicata a maternità e lavoro, e inoltre, deve rispettare tutti quei divieti che vengono imposti alle madri lavoratrici nell’orario di lavoro per poter proteggere la loroicurezza, la loro salute e quella del bambino. Se il datore di lavoro non rispettasse queste direttive potrebbe essere punito con l’arresto fino a 6 mesi.

Inoltre, deve garantire dei permessi di riposo, previsti per le mamma in fase di allattamento e in caso di handicap gravi del proprio figlio.

Durante il periodo di maternità, ogni neomamma ha diritto all’80% dello stipendio completo che arriva sottoforma di assegno di maternità, il quale si richiede tramite il sito dell’INPS o rivolgendosi anche al CAF. Ma entro quando va presentata la domanda di maternità? Entro il settimo mese di gravidanza.

Dopo la maternità obbligatoria: maternità facoltativa o rientro al lavoro

Successivamente al periodo di maternità obbligatoria, la mamma può scegliere di procedere con la maternità facoltativa al 30%, oppure può scegliere di rientrare a lavoro e per i contratti full-time ha diritto a due ore di allattamento al giorno fino al compimento dell’anno del bambino. Al contrario, i contratti part-time avranno a disposizione solo un’ora al giorno.

Per sapere nel dettaglio tutti i particolari potete consultare la circolare redatta dai nostri consulenti del lavoro per quanto riguarda il congedo parentale.

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COVID-19: Gestione Assenze Dipendenti

COVID-19: Gestione Assenze Dipendenti

Il Dipartimento Scientifico Della Fondazione Studi Dei Consulenti Del Lavoro ha diffuso un approfondimento relativo alla gestione delle assenze dei dipendenti causate dalla quarantena, dall’isolamento fiduciario o dalla malattia da Covid-19.

Di seguito vengono riportate le FAQ frequenti presenti all’interno della circolare:

  • Quali differenze ci sono tra quarantena e isolamento?
  • Che differenza si riscontra tra quarantena con sorveglianza attiva e isolamento fiduciario con sorveglianza attiva?
  • Quale iter procedurale deve essere seguito quando viene emesso un certificato legato alle casistiche riconducibili all’emergenza epidemiologica da covid-19?
  • Come vengono gestiti i certificati con codice di anomalia?
  • Come viene riconosciuta la tutela dell’equiparazione della quarantena a malattia?
  • Cosa avviene nei casi in cui la sede competente INPS non disponga degli estremi del provvedimento dell’operatore di sanità pubblica?
  • Come comportarsi in caso di malattia accertata?
  • Cosa devono fare i lavoratori per accedere alla tutela prevista per coloro che hanno patologie di particolare gravità?
  • Cosa si intende con il concetto di fragilità?
  • Cosa avviene nei casi accertati di infezione da coronavirus (Sars-cov-2) in occasione di lavoro?
  • È possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena continui a svolgere la propria attività in modalità agile?

Per leggere nel dettaglio le risposte alle varie domande in merito alla gestione delle assenze dei dipendenti, scarica la circolare redatta dai nostri consulenti del lavoro

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Rimborso al datore del cd. “Ticket licenziamento” da parte del lavoratore: sentenza n. 106 del 30 settembre 2020

Rimborso al datore del cd. “Ticket licenziamento” da parte del lavoratore: sentenza n. 106 del 30 settembre 2020

Nuovo sviluppo giuridico: rimborso Ticket licenziamento

Il Tribunale di Udine ha stabilito che un’azienda che si trova costretta a licenziare un dipendente a causa di assenze continue e ingiustificate ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno corrispondente al pagamento del cosiddetto “Ticket NASpI”.

Secondo la Legge n.92/2012, nota come la “Legge Fornero”, in caso di interruzione involontaria di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere un contributo all’INPS, chiamato “Ticket NASpI” o “Ticket licenziamento”. 

Contributo e rimborso

Secondo la circolare INPS n.20 si stabilisce che per l’anno 2020 il contributo è pari a 503,30 euro per ogni anno di lavoro effettuato, fino a un massimo di 3 anni. Per contratti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi, l’importo massimo del contributo è di 1.509,90 euro. 

Il contributo deve essere calcolato in base ai mesi di anzianità aziendale, senza distinzioni tra lavoro a tempo pieno e part-time. Inoltre, bisogna considerare i mesi superiori a 15 giorni, con una quota mensile di 41,94 euro

Con questa sentenza, il Tribunale di Udine ha stabilito che l’azienda ha il diritto di richiedere il rimborso del contributo di licenziamento pagato, in quanto il licenziamento è stato causato dalle assenze ingiustificate e ripetute del dipendente. 

Secondo il giudice, inoltre, è stato provato che la decisione di interrompere il rapporto di lavoro è stata presa esclusivamente dal dipendente. Nonostante avesse manifestato verbalmente l’intenzione di risolvere il rapporto di lavoro, il dipendente non ha provveduto a comunicare le dimissioni in modo regolare, come previsto dall’articolo 26 del D.Lgs n. 151/2015. Di conseguenza, il datore di lavoro è stato costretto a risolvere il rapporto per licenziamento per giusta causa, a causa delle continue e ingiustificate assenze del lavoratore. 

Questa sentenza rappresenta un nuovo sviluppo importante, in quanto per la prima volta si riconosce che il lavoratore ha agito con l’obiettivo non legittimo di indurre il datore di lavoro a licenziarlo al fine di ottenere l’indennità NASpI. 

Assenze prolungate

In caso di assenze prolungate e ripetute da parte dei dipendenti, la vostra azienda può adottare una delle seguenti opzioni: 

  1. Procedimento disciplinare e licenziamento: è possibile avviare un procedimento disciplinare in conformità all’articolo 7 della Legge n.300/1970, contestando le assenze ingiustificate. Dopo aver ricevuto eventuali giustificazioni dal dipendente o in loro assenza, si può decidere di licenziare il lavoratore per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa. In questo caso, si dovrà pagare il “Ticket Licenziamento” e sarà possibile rivalersi legalmente contro il dipendente per ottenere il risarcimento di tale importo, come stabilito dalla sentenza del Tribunale di Udine. 
  2. Dimissioni per fatti concludenti: se nonostante l’avviso formale del datore di lavoro di rispettare gli obblighi contrattuali, il dipendente continua a non presentarsi al lavoro, questo comportamento può essere interpretato come una manifestazione tacita di recesso unilaterale e volontario dal contratto di lavoro. In tal caso, dopo aver richiamato formalmente il dipendente ad adempiere ai suoi doveri, il datore di lavoro può considerare il suo comportamento come un recesso per dimissioni volontarie, evitando così il pagamento del ticket licenziamento. 

È importante considerare che questa soluzione potrebbe essere preferibile anche dal punto di vista normativo. Ad esempio, alcune agevolazioni contributive sono subordinate all’assenza di licenziamenti nel periodo precedente, e inoltre non costituirebbe un ostacolo per una nuova assunzione nello stesso ruolo. 

In conclusione, se la vostra azienda si trova a gestire un caso di assenze ingiustificate da parte di un dipendente, si consiglia di contattarci tempestivamente per valutare la soluzione più efficace. 

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