Bagni Gender Free

Bagni aziendali in condivisione: come comportarsi se si ha un dipendente transgender o transessuale?

Per contrastare la discriminazione di genere sono stati introdotti anche in Italia i bagni gender free dedicati al terzo sesso. L’identità di genere è una tematica molto delicata che purtroppo divide ancora politicamente e socialmente. Nonostante un graduale riconoscimento e accettazione del transgenderismo e dell’omosessualità, concetti diversi ma spesso criticati, si sta lavorando ancora affinché vi sia una normativa che disciplini una tantum l’utilizzo dei bagni e degli spogliatoi pubblici.

Una precisazione è doverosa: le persone omosessuali sono attratte da persone del loro stesso genere, senza però rinnegare il loro sesso biologico; diversamente le persone transessuali si sentono appartenere al sesso opposto rispetto a quello con il quale sono nate. Da questa chiarificazione emerge il disagio o la difficoltà per una persona transgender qualora debba decidere in quale bagno entrare. La questione dei bagni pubblici è nuovamente argomento di interesse dopo il passo in avanti segnato dal Decreto Cirinnà sulle unioni civili del 2016 e ancora oggi se ne discute con l’agognato Disegno di legge Zan. 

Un nuovo interrogativo: quale bagno scegliere?

Ad oggi, in Italia, non esiste ancora una legge che obblighi ad usare la toilette a seconda del genere biologico di appartenenza. Il Decreto legislativo numero 81 del 2008 prevede che vi siano servizi igienici e spogliatoi separati per uomini e donne, anche se fino ad ora nessuno è stato multato per aver usufruito del bagno sbagliato. La legge sulla Rettificazione di attribuzione del sesso (164/1982) non prevede la modifica dei documenti della persona trans che decide di intraprendere il processo di transizione, se non una volta terminato. Anche la Corte Costituzionale si era pronunciata (sentenza n. 221/2015) sottolineando che l’intervento chirurgico non costituiva un prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione.

Per una persona transessuale che non ha ancora portato a termine il processo di transizione tramite intervento chirurgico o per una persona transgender, la scelta dell’utilizzo dei bagni e degli spogliatoi nei luoghi di lavoro è spesso fonte di discriminazione e umiliazione. Anche le aziende si trovano in difficoltà, perciò, se non dispongono di servizi igienici unisex per i propri dipendenti, la scelta ottimale per rispettare la dignità della persona transessuale o transgender, sarebbe quella di consentire l’utilizzo libero di bagni e spogliatoi (come viene suggerito dalla guida “Transessualismo e lavoro” a cura di A.L.A Milano Onlus, CGIL Politiche Sociali Camera del Lavoro di Milano, O.N.I.G. Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere e dello Studio Legale Rosiello di Milano).

Modello anti discriminazione: uno spiraglio di speranza a Reggio Emilia. 

A titolo di esempio, un primo passo in avanti è stato fatto il 22 febbraio 2017 grazie all’introduzione nel Contratto Collettivo del settore delle Assicurazioni dell’articolo 25, il quale prevede la tutela per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori sottolineando che “[…] devono essere evitati comportamenti a connotazione sessuale offensivi della dignità i quali determinano una situazione di disagio […] nonché ogni discriminazione in relazione ad orientamenti che rientrano nella sfera personale”.

In seguito, nell’aprile 2019, Reggio Emilia diventa la città simbolo di anti discriminazione sessuale e si attiva per avviare un protocollo per aprire dei bagni neutrali dedicati alle persone transgender. Finalmente l’approvazione di un’identità liquida: il Presidente di Arcigay, Alberto Nicolini, è grato a tutte le Istituzioni (Comune, Asl, Provincia, Istituiti penali, Tribunale, Università, Fondazione per lo sport e tanti altri) che hanno aderito attivamente per siglare un accordo che testimonia l’impegno di inclusione che diventa portatore di un messaggio incoraggiante e positivo per le comunità LGBT+.

Questa iniziativa è stata portata avanti anche dalle parti sociali del settore del Commercio: infatti anche l’articolo 38 del CCNL di tale settore disciplina la condotta sui luoghi di lavoro suggerendo provvedimenti da adottare in caso di molestie sessuali (ossia comportamenti con connotazione sessuale) e garantendo un ricorso immediato poiché, in ottica di tutelare la dignità della persona, occorre “favorire un clima di lavoro improntato al rispetto e alla reciproca correttezza” oltre che una tutela della propria libertà personale.

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