“Il tuo accento è carino”: la discriminazione nascosta dietro un complimento

Nel lessico aziendale di oggi, si parla sempre più spesso di diversità e inclusione, ma c’è un fenomeno sottile e spesso trascurato che continua a minare questi valori: le micro-aggressioni linguistiche.  

Sono commenti e atteggiamenti che, anche se apparentemente innocui, possono avere un impatto significativo sulla percezione di inclusione, sull’engagement e, in ultima analisi, sulla retention dei talenti. 

Per gli HR, comprendere e prevenire questi bias impliciti è cruciale per costruire ambienti lavorativi equitanti e performanti, contrastando efficacemente la discriminazione sul posto di lavoro.

Quando la discriminazione linguistica diventa un ostacolo alla diversità e all’inclusione in azienda

Per capire quanto siano radicate le micro-aggressioni linguistiche e, in più generale, la discriminazione sul lavoro, è fondamentale analizzare i dati concreti. 

Un recente studio condotto da EURAC Reaseach sull’Alto Adige ha indagato la percezione della diversità tra i lavoratori, rivelando insight preziosi per le politiche di diversità e inclusione in azienda. Sebbene il 70% degli intervistati percepisca un ambiente lavorativo variegato, quasi il 10% ha dichiarato di aver subito discriminazioni. 

Le dimensioni della diversità con cui i lavoratori si confrontano maggiormente includono la lingua (65%), l’età (55%) e la provenienza/nazionalità (52%). Le motivazioni alla base della discriminazione sul posto di lavoro sono state identificate principalmente in caratteristiche personali legate a: 

  • provenienza/nazionalità (34%): il fattore più citato, indicando come l’origine possa diventare una barriera, un aspetto cruciale anche per contrastare la discriminazione razziale sul lavoro in un contesto multiculturale,
  • genere (27,6%): le disparità di genere continuano a rappresentare un ostacolo, malgrado sforzi per promuovere le pari opportunità di lavoro, 
  • lingua (23,4%): un quarto delle discriminazioni percepite è legato alla lingua, evidenziando come l’accento o la prevalenza linguistica possano influenzare il trattamento e la percezione professionale, come nel caso degli altoatesini che si sentono sminuiti o trattati diversamente.

Uno studio del 2020 della University of Essex nel Regno Unito ha evidenziato come i candidati con accenti percepiti come “meno prestigiosi” – ad esempio, accenti regionali o working-class rispetto al “Received Pronunciation (RP)” o “accento della Regina” – abbiano una minore probabilità di ottenere un colloquio di lavoro o una promozione, nonostante qualifiche identiche a chi sfoggia un “accento prestigioso” (inteso come l’accento standard spesso associato a istruzione elevata e classi sociali agiate). 

Queste disparità sottolineano come il bias linguistico possa operare a un livello inconscio, influenzando decisioni cruciali nel ciclo di vita del lavoratore.

L’involontarietà dell’errore: quando le buone intenzioni non bastano per evitare la discriminazione sul lavoro

Spesso, queste discriminazioni sul lavoro sono involontarie, soprattutto quelle legate all’accento. Frasi come “parli meglio di come mi aspettassi” o “il tuo accento è carino” sono raramente dettati da cattiveria. Piuttosto, nascono da una curiosità fuori luogo o uno stereotipo inconscio.

Queste affermazioni rientrano nei cosiddetti bias linguistici: pregiudizi inconsci legati al modo di esprimersi o parlare di una persona. Siamo tutti influenzati da schemi mentali e preconcetti che, senza una profonda consapevolezza, possono tradursi in comportamenti non inclusivi. È facile cadere in errore: la buona intenzione, da sola, non è sufficiente a prevenire il disagio e il senso di estraneazione che queste micro-aggressioni possono generare in chi le subisce, minando la diversità e l’inclusione.

Strategie per costruire pari opportunità a lavoro e combattere la discriminazione

Fortunatamente, l’attenzione a questi temi è in crescita, e sempre più aziende stanno promuovendo programmi di formazione per sensibilizzare i propri team. Riconoscere e contrastare i bias linguistici è un passo fondamentale per valorizzare la diversità e inclusione in azienda e garantire pari opportunità.

Ma come possiamo agire concretamente per contrastare la discriminazione sul posto di lavoro?

  • Consapevolezza: diventare consapevoli dell’esistenza di questi bias e dell’impatto che possono avere sulla discriminazione sul lavoro. Approfondire la comprensione del pregiudizio linguistico è essenziale per smontare questi meccanismi.
  • Formazione specifica: le aziende devono investire in percorsi formativi mirati a educare i collaboratori sui bias linguistici, fornendo strumenti pratici per identificarli ed evitarli nel linguaggio quotidiano e nelle interazioni professionali. 
  • Cultura del rispetto e dell’ascolto: promuovere un ambiente dove ogni voce è ascoltata e valorizzata, incoraggiando un dialogo aperto e non giudicante. È fondamentale che i collaboratori si sentano liberi di esprimere il proprio disagio senza timore di ritorsioni, evitando così episodi di discriminazione razziale sul lavoro o di altro tipo.
  • Canali di segnalazione efficaci: è cruciale implementare e pubblicizzare canali di segnalazione chiari, accessibili e che garantiscano l’anonimato. I manager devono essere formati per gestire queste segnalazioni con sensibilità e competenza, contrastando ogni forma di discriminazione sul posto di lavoro.
  • Valorizzare la diversità come risorsa: la diversità linguistica non deve essere vista come un problema da “correggere”, ma come una ricchezza da celebrare. Incoraggiare l’apprendimento reciproco e la curiosità verso le diverse culture può trasformare un potenziale ostacolo in un vantaggio competitivo, rafforzando la diversità e inclusione in azienda.

Dall’awareness all’azione: l’azienda contro la discriminazione sul lavoro

Le micro-aggressioni linguistiche non sono innocue leggerezze, ma manifestazioni di bias impliciti che minano l’equità e la fiducia in azienda. Per gli HR, l’urgenza è agire con determinazione: implementare programmi di sensibilizzazione mirati, promuovere una cultura del feedback costruttivo e fornire strumenti pratici per riconoscere e correggere queste dinamiche. 

L’obiettivo è chiaro: trasformare i luoghi di lavoro in ambienti dove il merito sia l’unico criterio di valutazione e il potenziale di ogni individuo possa fiorire, eliminando proattivamente ogni forma di discriminazione linguistica e culturale.

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