Maternità e lavoro sembrano due temi inconciliabili, ma proprio per questo la legge tutela i neogenitori con importanti normative che è bene tener presente quando si sta per avere un bambino. Ma come si articolano il congedo di maternità e il congedo di paternità e le normative relative?
La prima direttiva da tenere presente è l’Art. 37 della Costituzione: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione”.
Altro testo importante che ha presentato modifiche per quanto riguarda il congedo parentale è il “Testo unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità” emanato dal d.lgs. n.151/2001 e nel d.lgs. n.80/2015, in attuazione del Jobs Act.
Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste il congedo di maternità e il congedo di paternità.
Per conciliare maternità e lavoro è previsto un congedo di maternità obbligatorio che equivale a un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.
Ma quanto dura la maternità obbligatoria? Ha una durata totale di 5 mesi e può essere gestita in diverso modo, ad esempio 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo, oppure 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo, oppure ancora 5 mesi successivi al parto.
Durante questo periodo la neomamma percepisce una sostituzione alla retribuzione, ossia un’indennità di maternità pari all’80%.
Per congedo di paternità, invece, s’intende quell’indennità che spetta al padre nel momento in cui alcune situazioni impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità e il diritto di astensione dal lavoro e indennità spetta al padre.
Il congedo parentale sta a rappresentare, oltre al periodo di maternità obbligatoria, quel periodo in cui i genitori possono assentarsi dal luogo di lavoro, in modo facoltativo, per un ulteriore periodo retribuito parzialmente, periodo di massimo 10 mesi nei primi 12 mesi di vita del bambino/a. Questo periodo può essere anche fruibile a fasce orarie.
In alternativa, c’è anche la possibilità di rinunciare al congedo parentale trasformando il contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Ma tale diritto è fruibile solo una volta sempre che l’orario di lavoro non ecceda del 50 % rispetto all’orario a tempo pieno.
Il datore di lavoro, quando si parla di maternità, ha l’obbligo di rispettare tutti i diritti per la neomamma e neogenitori, previsti dalla normativa dedicata a maternità e lavoro, e inoltre, deve rispettare tutti quei divieti che vengono imposti alle madri lavoratrici nell’orario di lavoro per poter proteggere la loroicurezza, la loro salute e quella del bambino. Se il datore di lavoro non rispettasse queste direttive potrebbe essere punito con l’arresto fino a 6 mesi.
Inoltre, deve garantire dei permessi di riposo, previsti per le mamma in fase di allattamento e in caso di handicap gravi del proprio figlio.
Durante il periodo di maternità, ogni neomamma ha diritto all’80% dello stipendio completo che arriva sottoforma di assegno di maternità, il quale si richiede tramite il sito dell’INPS o rivolgendosi anche al CAF. Ma entro quando va presentata la domanda di maternità? Entro il settimo mese di gravidanza.
Successivamente al periodo di maternità obbligatoria, la mamma può scegliere di procedere con la maternità facoltativa al 30%, oppure può scegliere di rientrare a lavoro e per i contratti full-time ha diritto a due ore di allattamento al giorno fino al compimento dell’anno del bambino. Al contrario, i contratti part-time avranno a disposizione solo un’ora al giorno.
Per sapere nel dettaglio tutti i particolari potete consultare la circolare redatta dai nostri consulenti del lavoro per quanto riguarda il congedo parentale.
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